Il familismo amorale

A cura della dottoressa Silvia Senestro

Lavorando spesso con i giovani, mi è capitato di ragionare sulle possibili cause di alcuni tratti di personalità improntati al narcisismo e all’antisocialità.

La personalità narcisista è improntata ad una super-valutazione di sé (che spesso è apparente e cela una situazione opposta, di profonda disistima di sé), ad una autostima ipertrofica, gigante, ad una eccessiva competitività, alla convinzione di avere doti straordinarie e nettamente superiori alla media, all’incapacità di immedesimarsi nelle situazioni e nei problemi delle altre persone ed alla tendenza alla strumentalizzazione del prossimo. In breve, se siete alla ricerca di un fidanzato, vi sconsiglio vivamente un narcisista, anche se ormai ne è pieno il mondo.

La personalità antisociale presenta alcuni tratti in comune con quella narcisista ma tende maggiormente a virare verso i comportamenti delinquenziali. L’antisociale è profondamente convinto che le regole non valgano per lui, tende a disprezzare e a violare i diritti delle altre persone, ad ingannare e a manipolare, a non assumersi le responsabilità e, spesso e volentieri, finisce per cacciarsi nei guai nel tentativo di guadagnarsi soldi e privilegi in modo facile, senza faticare. Anche questo potrebbe non essere il compagno perfetto, a meno che il vostro ideale di coppia non sia rappresentato dall’archetipo “Diabolik ed Eva Kant”.

Gli studi su questi due tipi di personalità e sui disturbi ad essi correlati sembrano individuare le cause, tanto per cambiare, nell’infanzia e nel tipo di educazione ricevuta da parte dei genitori. Gli aspetti potenzialmente disfunzionali sono, come sempre, numerosi e tanto complessi da non poter essere riassunti in questa sede; mi preme tuttavia soffermarmi sul concetto di “familismo amorale”.

Con questo concetto sociologico, descritto dal politologo E.C. Banfield, si intende una morale ed un insieme di comportamenti e modi di relazionarsi che distinguono e separano il proprio nucleo familiare dal resto della società. Si tratta di una morale che contrappone un “noi” fortemente e visceralmente sentito al quale assicurare con ogni mezzo vantaggi, privilegi e benessere, a scapito di un “resto del mondo” verso cui non si prova nessun senso del dovere, ma anche nessun senso del diritto.

La società italiana era ed è permeata di familismo amorale, tanto che Banfield (pur essendo americano) scelse di condurre le sue indagini sociologiche in Basilicata; questo fenomeno regola in modo tacito le relazioni familiari, i rapporti di amicizia, scolastici, il lavoro e la politica.

In Italia il familismo amorale viene assunto insieme al latte materno; ne siamo pieni fin dentro il midollo senza rendercene conto. Pur senza aver letto Plauto né tantomeno Hobbes, l’italiano medio è profondamente convinto che l’uomo sia un lupo per gli altri uomini e che il modo adeguato di educare i figli consista nel fare di loro dei lupacchiotti egoisti ed immorali (nel senso filosofico del termine), pronti a fottere il prossimo senza alcuna pietà prima che il prossimo fotta loro.

Se avete figli e vi è capitato di frequentare qualche diverbio fra mamme ai giardinetti, all’uscita di scuola o sul bordo di un campo da calcio, sapete di cosa sto parlando. È ancora tanto, troppo diffusa l’idea secondo cui essere un bravo genitore implichi la difesa di nostro figlio ad ogni costo, a spada tratta, indipendentemente dalla responsabilità effettiva del bambino. “È mio figlio quindi lo difendo. Anche se è un bullo, anche se è maleducato, anche se ha torto marcio”. Ed ecco seminato il germe che farà del pargolo un piccolo dittatore egoista ed arrogante, prima; un adulto narcisista o antisociale, poi.

L’ambiente del calcio, poi, merita un discorso a parte. Chissà perché, le menti più raffinate anelano tutte quante ad un futuro calcistico per i propri figli. Mica li iscrivono ai corsi di violino. Passate un pomeriggio in tribuna di un campetto di provincia e vi sembrerà di essere precipitati sul set di “Attila Flagello di Dio”.

I giocatori non sono ancora usciti dagli spogliatoi che i loro genitori hanno già commesso almeno tre reati fra i quali l’istigazione alla violenza è il meno grave. Rabbia sommersa accumulata in fabbrica, in ufficio o nel salotto della suocera, istinti omicidi, visioni sanguinarie prendono forma e si dirigono contro l’avversario di turno, anche se si tratta di un gruppetto di nani di San Benigno Canavese. Banfield studiò i contadini in provincia di Potenza ma non seppe riconoscere il vero tempio dell’ignoranza italica, del familismo più bieco, dell’indifferenza più amorale: la partita dei pulcini il sabato pomeriggio, capace di far impallidire pure un Ostrogoto.

redazione

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