A cura della dottoressa Silvia Senestro
“Ma non ti capita mai di provare pena per i tuoi pazienti?” mi ha chiesto un’amica qualche giorno fa. Le ho spiegato che parte della nostra formazione implica l’acquisizione della capacità di gestire le emozioni personali in modo da mantenere il giusto distacco professionale.
Esistono tuttavia situazioni in cui mantenere un atteggiamento adeguato è un po’ più difficile: anche lo psicologo è un essere umano e a volte deve richiamare sé stesso all’ordine per non farsi prendere dall’emotività. Nel mio caso, la categoria di persone che tende a smuovermi sentimenti di tenerezza e protezione e per cui faccio fatica a non provare pena sono le mogli.
Può sembrare strano, ma in mezzo a tante persone che vivono o che hanno vissuto esperienze drammatiche, traumi, eventi “a tinte forti”, io mi sciolgo davanti alle mogli cinquantenni che fanno una vita normale con un marito normale una casa normale un lavoro normale e dei figli normali e che, in mezzo a questa normalità, stanno annegando.
Che cosa è traumatico? Come ho scritto in un articolo di qualche tempo fa, trauma non è solo il singolo evento spaventoso. Trauma sono anche le piccole, ripetute situazioni quotidiane, che si susseguono ed ogni giorno ci fanno un po’ male. Piccole mancanze di rispetto, disattenzioni, deprivazioni, intrusioni, assenze. La goccia che scava la roccia.
Le mogli nate negli anni ’70 o prima e che vivono nei nostri piccoli paesi provengono da un contesto in cui la scelta di sposarsi e di metter su famiglia era ancora quasi automatica. Oggi le ragazze sono più consapevoli e hanno il coraggio e la possibilità di operare scelte diverse, come quella di non legarsi con il matrimonio o di non avere figli.
Quasi tutte le mogli che conosco si sono sposate per amore ma, guarda un po’ che roba, sono destinate a vivere senza un briciolo di affetto e di attenzione. Zero. E non mi riferisco alla passione bruciante che, come sappiamo, tende a spegnersi ben presto, ma a quel minimo sindacale di partecipazione emotiva e di cura che dovrebbe esistere e resistere in ogni relazione umana.
Tipo accorgersi che nostra moglie sta piangendo. O che magari sono mesi o anni che si addormenta piangendo tutte le sere e che si sveglia piangendo tutte le mattine. Che è ingrassata o dimagrita di dieci chili e che forse ciò è accaduto per una qualche ragione che sta a monte delle merendine o della dieta. Accorgersi che avrebbe bisogno di una carezza o anche solo che qualcuno le chieda “come stai?”. Comprendere che la sua indisponibilità sessuale non è una congiura architettata senza un perché ma è strettamente collegata alla mancanza totale di complicità, di empatia, di affetto, di risate, di sguardi, di attenzioni e di tutto quel che serve ad una donna per far sì che apra le gambe un po’ più volentieri di quando va a far la visita dal ginecologo.
La deprivazione affettiva sommata alla fatica, allo stress quotidiano, al carico mentale, alla mancanza di aiuto (a meno che non sia circoscritto, richiesto, ripetutamente ricordato e spiegato dalla donna stessa) ed alla percezione di essere sfruttata e vampirizzata dai familiari comporta un peso schiacciante e, come accennavo, traumatico.
Le donne, quando sono fra di loro, si mostrano più o meno infastidite da certi comportamenti maschili e tendono a manifestare un disappunto crescente in base all’età, per cui si parte dal brontolare bonariamente a trentacinque anni per progredire e ritrovarsi ad avere gli occhi iniettati di sangue e ad accarezzare l’ascia appesa in garage pensando al congiunto a settanta.
Non sta a me suggerire le possibili soluzioni ma quel che conta è riuscire a pensare che, appunto, una via di uscita sia possibile. Negli occhi delle mogli vedo tanta rassegnazione e, sovente, disperazione. A tutte le età abbiamo bisogno di un po’ di amore e mai riusciremo a stare bene senza perché “è normale che le cose vadano così”. Vivere con un uomo spiaggiato sul divano, che non ci parla ed è interessato solo al telefonino e alle partite non è affatto normale e non è neanche giusto. È orrendo. Ogni donna merita di più e farebbe bene ad attivarsi per prenderselo, quel di più. Preferibilmente senza ricorrere all’ascia. Oppure, nel caso, non dica che gliel’ho suggerito io.