L’agricoltura torinese si trova a fronteggiare una nuova sfida: i dazi imposti dagli Stati Uniti, che rischiano di compromettere una fetta significativa delle esportazioni agroalimentari verso il mercato americano. A parlarne è Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino, che sottolinea come negli ultimi anni i produttori locali abbiano abbracciato sempre più una mentalità internazionale, puntando sull’export e sulla vendita online.
Un mercato cruciale per l’agricoltura torinese
Gli Stati Uniti rappresentano un mercato fondamentale per l’agricoltura torinese, assorbendo oltre il 30% dei vini DOCG esportati, tra cui Freisa, Carema ed Erbaluce spumante. Anche i vini eroici del Pinerolese e della Valle di Susa, insieme a frutta del Pinerolese come mele, pere e pesche, trovano spazio sugli scaffali americani. Prodotti come nocciole e latte da contratto di filiera, utilizzati dall’industria dolciaria, contribuiscono indirettamente all’export verso gli USA.
A livello regionale, il Piemonte destina il 13% del suo export agroalimentare agli Stati Uniti, con un valore che nel 2024 ha superato i 4,1 miliardi di euro, registrando una crescita del 3,5%.
Strategie per affrontare la crisi
Coldiretti Torino sta lavorando per mitigare l’impatto dei dazi, cercando di negoziare con gli importatori americani e di suddividere i rincari del 20%. Tuttavia, alcuni produttori stanno già pensando di esplorare mercati alternativi, come quelli asiatici e dei Paesi emergenti. Mecca Cici invita gli agricoltori a mantenere una visione internazionale e a diversificare i mercati, sottolineando l’importanza della vendita diretta attraverso strumenti moderni.
Un appello alla politica
Coldiretti Torino esorta la politica a non penalizzare ulteriormente l’agricoltura in un momento così delicato. «Le guerre, anche quelle commerciali, portano solo disastri. È necessario sangue freddo e un lavoro meticoloso per diversificare i mercati», afferma Mecca Cici. L’associazione chiede interventi ponderati da parte dell’Europa e della Regione Piemonte, evitando misure che possano danneggiare il settore, come etichette allarmistiche sui vini o obblighi costosi per gli allevatori.