100 anni fa la terribile febbre spagnola

I morti furono 40 a Vinovo, su una popolazione di 3.100 abitanti. 20 i decessi a Piobesi e Castagnole, una quindicina a Candiolo

La febbre malarica altamente mortale, detta comunemente “spagnola”, apparve probabilmente per la prima volta nel febbraio 1918 in Spagna, da cui mutuò il nome. Poi (non si sa come) passò subito negli Stati Uniti nel marzo di quell’anno. Le truppe americane la portarono in Europa infettando in brevissimo tempo gli eserciti che si stavano fronteggiando nel nord della Francia. Da qui la “spagnola” raggiunse un po’ tutta l’Europa, comprese le Germania, l’Austria-Ungheria e i Balcani. Sembra che la terribile pandemia causò la morte di parecchi milioni di persone in tutto il mondo.
Nella tarda estate del 1918 la “febbre spagnola” arrivò anche in Italia, probabilmente portata dal via vai dei reparti militari in transito per il fronte veneto. Il primo caso venne registrato  nell’Ospedale di Sossano di Vicenza nel settembre 1918. Tra questo mese e la successiva primavera del 1919 in tutta Italia le stime dicono che morirono di “spagnola” tra 400.00 e 600.000 persone.  La fascia di età più colpita era quella giovane, tra i 18 ed i 40 anni.
Vittime illustri nel novembre/dicembre 1918 furono Umberto di Savoia conte di Selemi, il poeta francese Apollinaire e nell’aprile 1919 il piccolo Francesco, uno dei veggenti di Fatima.
Per quanto riguarda Torino e cintura, nella sola città nell’inverno 1918-19 le vittime imputabili direttamente alla febbre  spagnola  si aggirarono sulle 5500/6000 unità, circa l’1,2 % della popolazione. L’Ufficio di Igiene di Torino registrò, per la città, nel periodo più forte della pandemia, anche decessi di 150/200 persone al  giorno. La Prefettura arrivò ad ordinare che i funerali fossero accompagnati solo dal sacerdote e dai parenti stretti, per evitare gli assembramenti di più persone.

La febbre spagnola nei piccoli paesi

Nei paesi della cintura sud di Torino la percentuale delle vittime rispecchiò grosso modo quella torinese, aggirandosi tra l’1,2% ed l’1,4%. Nei piccoli Comuni risulta ancora più difficile accertare gli effettivi decessi di febbre spagnola rispetto alla grande città. Pur essendoci il medico condotto in tutte le Comunità, le registrazioni dei decessi non riportano quasi mai le cause mediche.
A Vinovo (3100 abitanti) si parla di circa 40 decessi, tra cui alcuni militari e prigionieri del locale presidio situato nel Castello della Rovere. Per Piobesi (2250 abitanti) i decessi furono 20-22, tra cui una bambina veneta sfollata con la famiglia. Per Castagnole Piemonte i decessi furono circa una ventina su quasi 2000 abitanti. Infine per Candiolo si contarono tra i 15 ed i 18 decessi su una popolazione di 1450 abitanti, compresi i militari ed i prigionieri austriaci alloggiati nel Castello di Parpaglia.
La fine del terribile morbo fu naturalmente salutata con gioia dalle popolazioni. Tracce (poche) se ne possono ancora vedere in qualche lapide nelle tombe dei vari cimiteri che nel testo dell’epitaffio riportano le parole “febbre malarica o tifoidea”.
Dopo il famoso colera della prima metà del secolo precedente, la “febbre spagnola” fu l’ultimo grande e diffuso morbo che perseguitò Piemonte, Italia ed Europa.

redazione

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