DEDICATO ALLA MAMMA, UNA RIFLESSIONE DI UNA STUDENTESSA

In occasione della Festa della Mamma, una studentessa del Liceo Bodoni di Saluzzo dedica una propria riflessione a tutte le mamme

Mamma. Una parola semplice, immediata, naturale. Pilastro basilare e fondante del vocabolario dell’infanzia, uno dei primi traguardi conseguiti da ogni bambino agli albori della propria esistenza. Un termine dal suono monocorde, cantilenante, frutto della combinazione di due sole lettere: una vocale e una consonante, dal quale scaturiscono però una miriade di significati. “Io non ho mai amato nessuno in vita mia come mia madre, così incondizionatamente, così ardentemente, non ho mai venerato e ammirato nessuno come lei; rappresentava per me il sole e la luna.” Così il giovane Boccadoro, protagonista del noto romanzo di Hermann Hesse (Narciso e Boccadoro), descrive il proprio affetto per colei che lo ha generato, ad indicare il ruolo totalizzante, omnicomprensivo, assoluto di tale figura.

Una madre è colei che detiene e racchiude in sé la possibilità di elargire il dono più prezioso, inquantificabile, incommensurabile, ciò che di più caro può ricevere ogni essere  umano, per poter essere definito tale: la vita. Lo spessore e la potenza del suo ruolo sono tali da rendere la figura di una madre irriducibile ad un’unica, mera e schietta definizione, inaccostabile ad un singolo termine di paragone, inspiegabile mediante formule né schemi, poiché essa racchiude al suo interno ogni sfaccettatura, ogni prospettiva di visione, ogni tonalità di colore, ogni alterazione di suono, ogni intensità di profumo, ogni manifestazione di virtù, ogni gradazione di emozione. Si può immaginare una madre come una casa, ma non la si può equiparare ad un’unica tipologia di abitazione: ella possiede l’eleganza e raffinatezza di una villa, la maestosità e autorevolezza di un castello, la protezione e la solidità di una fortezza, l’intimità e confidenza di un appartamento, la morbidezza e delicatezza di una capanna, la laboriosità e zelo di una cascina, il calore e la dolcezza di un rifugio… Una madre è polivalente, multifunzionale, plurilaterale, essenziale. È origine, causa, motivo, fonte, principio, radice. È dispensatrice di amore, un amore incondizionato e universale, privo di “se”, di “forse”, di “ma”; un amore puro e senza riserve, forte, costante; un amore che resta “sempre, comunque e nonostante”. Anche quando il riconoscimento della propria maternità le viene negato dal proprio figlio, incapace di riconoscere in lei il punto di riferimento più stabile e centrale della propria esistenza; anche quando vengono private forzatamente delle proprie creature: madri di figli uccisi, torturati, morti su campi di battaglia lottando contro uomini avversari, vittime di un mondo feroce e violento; anche quando, costrette da forze di causa maggiore, si vedono costrette a separarsi dai propri bambini, forse per lasciarli imbarcare, su navi improvvisate e malsane, e partire alla ricerca di prospettive di vita migliori verso nuovi orizzonti, guardarli allontanarsi al largo, nel mare e non conoscere quale destinazione riserverà loro quel viaggio, senza sapere se mai ci si potrà ricongiungere e tornare a vivere insieme, come una famiglia. Ma in ognuno di questi casi una madre continuerà ad essere tale, niente e nessuno potranno mai privarla della propria essenza, perché una madre è per sempre. Una delle opere più significative e chiarificatrici del legame impareggiabile intercorrente tra una madre e il proprio figlio può essere individuata nella celebre Pietà michelangiolesca, oggi conservata nella Basilica di San Pietro: la madre per eccellenza, Maria, tiene in grembo il corpo del figlio morto e gravato dal peso universale del peccato, lo stringe a sé, il volto velato da una sofferenza tale da farne percepire l’intensità e renderne partecipe anche l’osservatore, ma allo stesso tempo l’immensa dignità e forza d’animo nel tollerare un simile dolore.

Nella quotidianità e ristrettezza del nostro piccolo mondo di studenti liceali la figura della mamma assume un ruolo indispensabile, una sorta di vice-protagonista, il fondamentale personaggio aiutante costitutivo per lo svolgimento di  ogni fiaba; il perno attorno al quale si sviluppano i complessi intrecci delle nostre attività giornaliere, la sorgente principale delle nostre energie, la parola giusta e incoraggiante che, pronunciata nel momento in cui la fatica e la stanchezza paiono prevalere, risulta in grado di rianimarci e conferirci nuovamente grinta e determinazione; la professoressa che, nonostante ritardi, parole proibite sussurrate tra vicini di banco, risposte mancate e formule dimenticate, ogni giorno si mostra sorridente, generosa nel diffondere le sue conoscenze, pronta a rendere quel poeta, quell’equazione, quella declinazione un po’ meno noiosa e più accessibile alla nostra sensibilità, decisa a trasmettere ai suoi alunni quella passione che le illumina gli occhi durante le spiegazioni, che ancora la rende appagata e desiderosa di recarsi ogni giorno in un’aula e credere che veramente la cultura sia un bene prezioso che si moltiplica per condivisione.

La mamma offre in dono la vita al figlio ed è lei stessa un dono, che, anche nel momento in cui venga fisicamente a mancare, continua a rappresentare il fondamento più profondo nella conquista di un’esistenza piena e autentica. Belle le parole di Massimo Gramellini, il quale dopo aver sperimentato il vuoto e il dolore provocato dalla perdita della propria madre, così scrive (da “Fai bei sogni”): “Se fossi cresciuto con la tua mamma, adesso avresti meno paura di cadere. Ma avresti anche meno bisogno di volare. Nonostante lei non ci sia più, è tempo che incominci a sbattere le ali.”

                                                                  Ludovica Rossi

III^Classico

Liceo Bodoni – Saluzzo

 

 

 

 

redazione

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