Autorizzata la caccia al cinghiale in Zona di protezione 1 anche nelle province di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli, per il contenimento della peste suina africana in Piemonte, così come era già stato fatto per quella di Biella. Oltre il termine della stagione venatoria sarà possibile proseguire le azioni di depopolamento attraverso il controllo faunistico con operatori abilitati, con massimo 3 cani in girata e squadre fino a 15 persone.
La Zona di restrizione 1 sta fra la Zona 2 dove si era riscontrata l’infezione e la zona indenne.
In provincia di Cuneo la presenza del più grande distretto suinicolo del Piemonte richiede una maggiore cautela nell’impedire possibili spostamenti dei cinghiali. Per il momento è quindi autorizzata in zona 1 l’esclusiva attività del controllo faunistico con operatori abilitati, massimo 3 cani e 15 persone per ogni unità di gestione del cinghiale.
Queste indicazioni sono state ufficializzate lo scorso 15 gennaio durante il vertice tra il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi della Regione Piemonte Paolo Bongioanni e il commissario straordinario per il contrasto alla Peste Suina Africana Giovanni Filippini.
Filippini: «Tenere il virus all’interno delle zone infette»
«Il nostro obiettivo – ha spiegato Filippini – è quello di tenere il virus all’interno delle zone infette. Ci vorrà tempo per eradicarlo da queste zone, e la linea è quindi quella di confinarlo. In questo momento la strategia prevede il controllo nella fascia 1, o Zona cuscinetto, dove vogliamo eliminare completamente la specie cinghiale, concedendo deroghe in quelle aree dove siamo certi che il virus non è presente. Continueremo il monitoraggio e prenderemo le decisioni successive sulla base dei risultati rilevati».
Il parere favorevole di Confagricoltura Piemonte
Confagricoltura Piemonte ha accolto con favore quest’iniziativa. Lo ha affermato il presidente Enrico Allasia: «Al netto dei fatti, porterebbe al contenimento progressivo e massivo della popolazione di cinghiali, a beneficio e a protezione dei territori non ancora interessati dalla malattia ma anche di tutto il settore primario piemontese, che risente quotidianamente dei danni arrecati alle coltivazioni per via della proliferazione incontrollata della specie».
Infine ha precisato Allasia: «Non dimentichiamoci degli allevatori colpiti dal fermo attività, per i quali è doveroso prevedere un congruo e veloce risarcimento per ripartire, e coloro che, in zona di restrizione, non devono essere soggetti a forti speculazioni».