I miei genitori chi?

Cari lettori, la notizia sensazionale di questo inizio 2025 è la seguente: se fate dei figli, poi vi tocca parlarci insieme.

Sembra banale, ma nel mio lavoro mi capita sempre più spesso di imbattermi in adolescenti che non sanno nulla, e sottolineo nulla, dei loro genitori.

Ciò può sembrare molto strano, se pensiamo che quegli stessi genitori lamentano la mancanza di dialogo con i figli ed il fatto che questi ultimi non raccontino niente in casa.

Dialogo e legami genitori-figli

Il dialogo, mi pare ovvio, non funziona a senso unico ma su base reciproca e si costruisce giorno per giorno a partire dalla nascita; il legame fra genitori e figli é fatto di tanti piccoli grandi momenti e di occasioni da non perdere: ognuna di queste occasioni ci permette di porre un piccolo mattoncino di fiducia, di ascolto, di comprensione, di contenimento, di stima.

Quali sono queste occasioni da non perdere? Non si tratta di momenti topici o “clou” della vita (che accadono raramente e quando capitano ci sorprendono e ci colgono inevitabilmente impreparati) ma di momenti di quotidianità, normalissimi e proprio per questa ragione, preziosi: faccio una torta con mia figlia e le racconto qualcosa della mia adolescenza; accompagno all’allenamento mio figlio e gli parlo dei miei genitori; usciamo a fare shopping e racconto di come eravamo io ed il loro papà da fidanzati. I nostri figli hanno bisogno di conoscerci, di vederci come persone, come ex bambini ed ex adolescenti, come lavoratori, come esseri fallibili e pieni di difetti ma anche capaci di rialzarsi, di amare, di ascoltare, di infondere coraggio. Soprattutto, capaci di capire.

“Ma a mio figlio di 17 anni non interessa niente di me e di queste cose!” sento già il coro che si alza. Bravo merlo, certo che a tuo figlio di 17 anni non interessa. Ma a 7 anni sì, ed era lì che dovevi iniziare. I bambini adorano le storie e le loro preferite sono le storie vere, come la tua. E se gliele racconti quando sono piccoli, semini il terreno dell’ascolto, dello scambio e della curiosità; poi quando avrà 17 anni ne raccoglierai i frutti.

Quando parlo con gli adolescenti trovo desolante l’immagine sbiadita che dipingono, a fatica, dei loro genitori: semi-sconosciuti, stanchi, grigi, incazzati, piatti, lamentosi. Infelici. Interessati solo ai soldi. Attaccati al telefonino! Avete letto bene, signori: i vostri figli dicono di voi che passate tutto il vostro tempo in casa stravaccati sul divano a guardare il telefonino e di rilevare con mestizia il conseguente deterioramento cognitivo ed emotivo dei vostri cervelli.

“Ma io lavoro!”, ecco il secondo coro; è vero che lavori, ma se hai messo al mondo un figlio hai il dovere (e credimi, se ci provi ti accorgi che è anche un immenso piacere) di conoscerlo e di farti conoscere da lui.
Se tuo figlio è piccolo, inizia subito. Se è grande prova a recuperare qualcosa: non sarà facile ma non è impossibile, è un po’ come imparare a nuotare o ad andare in bicicletta da adulti.

Ma da dove inizio?

Qualche settimana fa un genitore, pieno di smarrimento, mi ha chiesto: “Ma da dove inizio?”. Inizia da qualcosa di semplice. Siediti accanto a lui e guardalo, fagli un sorriso, spegni il telefono e mettiti a raccontare. Fallo una, dieci, cento volte e non mollare mai. Qualcosa succederà. Se ci si impegna succede sempre qualcosa, anche fra perfetti sconosciuti.

redazione

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